Il “pacchetto” lavoro del governo Letta non mi è piaciuto. L’attesa del Presidente del Consiglio è che questa serie di riforme produca “effetti occupazionali” su una platea di circa 200.000 giovani. Considerando che il “pacchetto” vale circa 1.500.000.000 € l’effetto si basa su circa 7.500 € a persona. Cifra, a mio giudizio, ragguardevole, se venisse spesa nella direzione corretta.
Ma, purtroppo, la direzione del “pacchetto” non lo è.
Infatti, il 50% del pacchetto è rivolto a contratti a tempo indeterminato di soggetti che sono in una delle tre condizioni:
– disoccupati da almeno sei mesi
– avere solo la licenza media
– vivere soli ma con qualcuno a carico.
In particolare la seconda non mi sembra una condizione per la quale, in cambio di un investimento di 7.500 € si generi una particolare condizione di favore all’assunzione a tempo indeterminato! Le altre due sono condizioni del tutto indipendenti o ortogonali a concetti di merito. Forse dare ad una persona con licenza media 7.500 € di cultura e di conoscenza (soprattutto se tecnica) potrebbe dargli – da subito – la possibilità di guadagnarsi uno stipendio (mancano in Italia: macellai, idraulici, artigiani…).
Le ricette compensative (cioè: tu hai una “sfiga” io ti aiuto a compensarla per renderti “uguale” agli altri) hanno mostrato – negli anni – tutte le loro carenze, e pensare che qualcuno le chiama “politiche attive del lavoro”!
Queste politiche non servono a nulla. Generano solo rappresentazioni scorrette del Mercato del Lavoro e rinviano problemi.
Bisogna lavorare non sulla compensazione dei punti di debolezza ma sulla valorizzazione dei punti di forza!
Poco si cambia modificando le debolezze: aggiustando i difetti. Molto si può fare in bene investendo e impegnandosi nella valorizzazione dei punti di forza.
Invece di parlare di disoccupazione e problemi del mercato del lavoro, vediamo dove e come si sta generando occupazione, quali sono i profili più richiesti, le aziende che assumono di più. In che aree, in che distretti? E investiamo tutto su questi punti di forza.
Assumere un trentenne che ha la licenza media non produce un minimo miglioramento occupazionale del sistema! Mi spiace, ma è così. Assumere un laureato che rientra dall’estero con una bagaglio di conoscenze elevato (e quindi un non-disoccupato) produce invece alte chance che quella azienda cresca ulteriormente e crescendo assuma altre persone, persino uno con la licenza media di trent’anni.
Non mi venite a raccontare che è un problema di soldi! Guardate come il Ministero della Coesione ha riprogrammato 700 milioni di euro della precedente programmazione (su interventi per anziani e asili nido nelle regioni obiettivo 1)! Oppure, come è stato riprogrammato oltre un miliardo per le Misure urgenti per l’occupazione giovanile!
Sono d’accordo con te in tutto, Andrea. Se vuoi che un 29enne con figli e senza diploma contribuisca davvero alla crescita del Paese devi fare in modo che cresca prima lui. L’unico punto di discussione, da ex universitario a docente, potrebbe riguardare il rientro dei cervelli: non sempre risolvono tutto e non sempre sono superiori alle professionalità interne. Questo senza preconcetti o pregiudiziali protezionistiche, anzi, direi il contrario. Marco Rondena.