Bisogna ripartire da questo posto qui. Dall’erba più alta dei bambini, dall’altalena senza altalene, dall’assenza di bambini.
Bisogna ripartire prendendosi cura del futuro e del bene comune. Insieme.
Dal secolo delle ideologie, siamo passati all’era delle “emologie”. Emozioni diffuse e pervasive che influenzano le opinioni di parti importanti della popolazione. Spesso, emozioni negative.
Ciclicamente, l’odio e il rancore prendono il potere. Questa volta senza neppure la scusa o l’alibi ideologico.
Il rancore di oggi origina dalla negazione – individuale – del futuro. L’ascensore sociale è fermo. Nessuno sale, perché nessuno scende (e viceversa). Il rancore è il risultato della nuova consapevolezza: il tuo futuro non sarà migliore del tuo oggi. Progettare non serve a nulla. Adeguarsi è l’unica via. Quello che avrai non dipende da cosa farai, ma da chi sarai.
Origina il rancore dei figli e – di conseguenza – quello dei padri, impotenti davanti a tutto questo.
Una volta che ci siamo liberati dai doveri e dal potere che derivava da questi doveri abbiamo pensato di essere liberi. Liberi dagli altri e finalmente capaci di autorealizzarci. Secondo una equazione: autorealizzati = felici.
L’altro ridotto a spettatore dei nostri successi. Ma tenuto all’oscuro dei nostri fallimenti.
L’illusione di libertà (un Io ipertrofico e trasbordante) ha prodotto la necessità di nuovi vincoli contenitivi, nuove e vecchie dipendenze, mai come oggi, sono diventati il nostro vero perimetro.
Autostima, autorealizzazione, autoefficacia… (αὐτός, stesso), al posto di socio-stima, socio-realizzazione, socio-efficacia.
Da una parte: rancore, individualismo, libertà illusoria. Ma dall’altra parte, cosa c’è?
Per ora nulla. Manca una proposta. Ma c’è lo spazio per parlare di Speranza, Fiducia, Inter-realizzazione, Progettazione, Bambini, Felicità.
Bisogna ripartire da questo posto qui. Perché potrebbe essere dietro casa mia ma anche dietro la tua.
Servono delle altalene per far sognare i bambini mentre i papà li spingono.