Da febbraio, anche se sempre con minore insistenza, uno dei temi più ricorrenti è la “legge elettorale”. Da più parti (anche da dove questa legge è stata scritta fino a chi ha la responsabilità di non averla cambiata), giunge l’invito a trovare una legge elettorale, che sia in grado di garantire “la governabilità del paese”.
Ovviamente, scegliere una legge, piuttosto che un’altra, con le elezioni sempre più imminenti, significa spostare in modo decisivo le probabilità di vittoria di una coalizione piuttosto che un’altra. Definire un premio di coalizione o di partito può spostare nettamente il risultato elettorale a favore di uno piuttosto che di un altro polo.
Il “doppio turno” ad esempio, sembrerebbe poter favorire il centro sinistra e sfavorire il Movimento 5 Stelle. Similmente, il “mattarellum” potrebbe sfavorire il Movimento 5 Stelle che invece resterebbe favorito da un sistema proporzionale con premio al primo partito.
Togliatti, mi hanno spiegato, nel 1945 sapeva perfettamente che dando il voto alle donne sarebbe uscito penalizzato dalle urne. Le donne avrebbero votato maggiormente la DC. Togliatti però ha scelto la cosa giusta. L’unica!
Inoltre, pochi in Italia hanno capito che il problema non è la legge elettorale ma l’impianto complessivo. Avere due camere, elette da popolazioni diverse potrà sempre portare maggioranze diverse.
Le differenze di età di accesso al voto e la sovrarappresentazione di alcune aree (alcune regioni hanno un numero di senatori di molto maggiore rispetto a quanti ne meriterebbe in rapporto alla popolazione) sono due delle molte cause, a cui si aggiunge, soprattutto nelle ultime elezioni, una offerta “diversa” per le due camere. Ad esempio, mentre al senato la lista Monti si presentava aggregata a UDC e FLI alla camera le tre sigle erano separate. Anche se il vero problema è l’attribuzione del premio di maggioranza su base regionale e non nazionale (cosa voluta da Ciampi).
Se togliessimo il senato, il problema della legge elettorale sarebbe superato. Anche se sarebbe doveroso correggere il premio di maggioranza (a mio giudizio troppo ampio) assegnato alla prima coalizione.
Molti vogliono il ritorno alle preferenze, ma si dimenticano che in Italia le preferenze sono state storicamente usate in alcune aree per controllare il voto. Tanti vogliono tornare al “mattarellum” senza mettere in conto che non garantisce maggioranze certe. Alcuni vogliono tornare alla prima repubblica e ripristinare il proporzionale puro.
Io vorrei invece che scegliessimo di ridurre di una camera e usare la stessa modalità che applichiamo oggi per i comuni più grandi: premio di maggioranza, indicazione diretta del premier, ballottaggio tra i primi due se non raggiungono il 50% dei voti al primo turno. Ridurrei i collegi elettorali in modo tale da poter gestire liste di massimo 5 candidati, evitando così le preferenze e vieterei la candidatura in più collegi di un candidato ad eccezione del candidato premier. Questa formula garantirebbe la governabilità.