Un mio piccolo commento pubblicato sul numero del 22 Maggio di “Metro”
Per un individuo, affrontare un evento traumatico (come, ad esempio, la perdita del lavoro, può essere – metaforicamente – come trovarsi ad un bivio. Davanti a noi, tre alternative:
Perdita o Disfunzione. Il cambiamento non è accettato e superato. La motivazione ad affrontare il futuro è molto bassa e non si riesce a trovare una soluzione “creativa” al problema. Il soggetto giace in una sorta di stagnazione. Oppure, l’individuo cerca risposte improprie – spesso autodistruttive – per evitare di pensare al problema: alcool oppure dipendenze dal gioco o da sostanze.
Omeostasi. Il termine indica la capacità di ripristinare e di ritornare alla condizione di partenza. In questo caso, l’individuo cerca di tornare alla sua condizione “antecedente” all’evento traumatico. Questo non sempre è possibile!
Allostasi. A differenza dell’omeostasi in cui si tenta di tornare a prima del trauma, nell’allostasi l’individuo cerca un nuovo equilibrio, facendo parte di se l’evento traumatico e superandolo completamente.
Questi tre diversi percorsi rappresentano, per il prof. Richardson dell’Università dello Utah (USA), tre “gradazioni” della Resilienza: la capacità di individui (o gruppi) di superare eventi traumatici.
Possedere la Resilienza Allostatica significa avere il più grande dei “superpoteri” (umani).
La Resilienza Allostatica consente di vivere una vita piena, in cui gli eventi negativi (che più o meno caratterizzano la vita di tutti noi) vengono vissuti e superati, trasformandosi in una risorsa per l’individuo e non rimanendo solo un peso.