Questa settimana, mi è accaduta una cosa – per me – sconvolgente. Per due attività diverse ero alla ricerca di due professionisti da inserire nel mio team, per un’attività specifica, utilizzando la formula del contratto a progetto. La durata dell’attività non era brevissima ma neppure molto lunga (circa 6 mesi) e l’importo che avevo a budget era di circa 12.000 € per ciascuno dei due (parlo di lordo e non di netto). Per questo motivo abbiamo, come sempre, cercato se tra i CV che riceviamo e se tra le persone che avevano già collaborato con noi c’erano profili congruenti con le attività che dovevamo svolgere. Rapidamente, ne abbiamo identificati due; Un ragazzo “Giorgio” e una ragazza “Carla”. Entrambi hanno rifiutato, dopo un lungo periodo di indecisione.
La ragazza “Carla” si era appena licenziata da una società simile alla mia a causa del fatto che non veniva più pagata da oltre 6 mesi. Per questo prendeva l’Indennità di disoccupazione, da alcuni mesi, pari al 60% del suo precedente stipendio e avrebbe continuato a prendere l’indennità per altri 6 mesi (all’incirca la durata del progetto). Mi ha spiegato che anche se il progetto aveva una durata uguale e l’importo era di un 40% maggiore, a lei non conveniva lavorare! Avrebbe cambiato idea davanti ad un contratto a tempo indeterminato, oppure si rendeva disponibile per attività part-time possibilmente pagate in nero (altrimenti perdeva l’assegno).
Il ragazzo ”Giorgio” è in Cassa Integrazione, da parte di una azienda che non credo proprio che riprenderà più del 10-20% del personale attualmente in CIG. Anche lui mi ha dato le stesse motivazioni di “Carla” aggiungendo il “piacere” dell’essere pagato senza dover – praticamente – fare nulla.
E noi vogliamo dare ad un paese come questo “il reddito di cittadinanza”? Io non sono contrario, ma bisogna – assolutamente – identificare una modalità attraverso la quale situazioni come queste non si verifichino più. Sicuramente, tramite degli incentivi per le aziende ma anche tramite un sistema di controllo che potrebbe passare tramite l’informatizzazione del sistema dei CV.
Mi spiego meglio. Se ci fosse l’obbligo (invece di avere solo il CV Europeo che è una boiata pazzesca) di caricare i propri dati su una piattaforma, con accesso consentito alle aziende, sulla base degli “accessi” si potrebbe monitorare l’andamento sul mercato di alcuni profili e gli “interessi” delle aziende. Verificando situazioni di questo tipo.
Troppo “grande fratello”? Lo so, anche io preferirei fare in modo diverso, ma l’idea che ci siano persone che potrebbero lavorare e che invece preferiscono percepire sussidi (che paghiamo noi con le nostre tasse) mi fa una rabbia incredibile.