Innovazione dirompente in inglese si dice: “Disruptive innovation”. Con questa espressione si fa riferimento a un prodotto o un servizio che in pochi anni – in maniera inattesa – va a modificare radicalmente il mercato producendo cambiamenti rapidissimi anche nel Value network.
Alcuni, sbagliando, utilizzano come esempio il telefonino o l’automobile come esempio di “Disruptive innovation”. In realtà, entrambi questi prodotti non sono stati “dirompenti” esistevano da tempo sul mercato ed erano appannaggio delle classi e delle persone più abbienti. L’aspetto dirompente è stata la produzione di massa di questi beni e la loro diffusione. Per capirci, la Ford T era una “Disruptive innovation” per il rinnovamento del processo produttivo che metteva in atto.
Il principale teorico in materia di “Disruptive innovation” è Clayton M. Christensen, professore presso la Harvard Business School, co-fondatore di Innosight e autore del libro “The Innovator’s Dilemma: The Revolutionary Book That Will Change the Way You Do Business”. Libro assolutamente da non perdere se volete sapere come e dove andrà a finire il nostro mondo.
Per Christensen una innovazione dirompente si basa sulla riprogettazione di un prodotto per un nuovo gruppo di clienti attraverso una semplificazione dell’architettura del prodotto e generando una valutazione positiva delle caratteristiche presso i mercati emergenti.
McKinsey, credo questa settimana, ha pubblicato una classifica con l’impegno di spesa previsto in 12 Innovazioni dirompenti per il 2025. Anche se è un po’ paradossale come studio (perché la dirompenza è proprio legata all’imprevedibilità), trovo che lo studio (che risulterà sicuramente sbagliato nel 2025) fornisce delle indicazioni molto interessanti sui grandi trend dell’economia e della ricerca globale.
Questo studio mi ha rassicurato, perché molti di questi termini e di queste idee sono nei prodotti e nelle idee della mia azienda. Certo, c’è ancora molto da fare per portarle più nel quotidiano e renderle operative.