La parola amicizia suscita, in molti, un antico senso di pudore. Fateci caso, quando qualcuno descrive una persona, poi a un certo punto capita che dica: “Siamo amici con lui”, poi diventa rosso e aggiunge, confondendo un po’ le parole: “cioè, ci conosciamo da tempo…”. Si è accorto di aver superato – accidentalmente – quella sottile linea che separa gli amici dai conoscenti. In Italia, più che in altri paesi, la parola “amicizia”, da sempre non si concede facilmente. Richiede reciprocità! Considerare qualcuno “un amico” senza che lui – a sua volta – lo pensi di noi è motivo di grandissimo imbarazzo. Vi ricordate quando eravamo piccoli e – pieni di emozioni contrastanti – chiedevamo: “Vuoi essere mio amico?”
L’amicizia è una cosa seria, che centelliniamo. Concediamo a pochi, forse, consapevoli del suo valore o forse per paura.
Le cose sono cambiate grazie ai social network. No, non mi riferisco solo all’amicizia su Facebook. Certo, Facebook ci ha aiutati a ritrovare vecchi amici del tempo passato, a rivedere in pochi minuti tutta la loro vita, a incontrarli – nuovamente – in qualche rimpatriata. Ma chi ha veramente cambiato il mondo dell’amicizia è stato Twitter.
Infatti, se Facebook ci ha consentito di “ritrovare” vecchi amici, Twitter ci consente di fare una cosa straordinaria e mai resa possibile prima, trovare nuovi amici attraverso nuove e dinamiche modalità di aggregazione.
Se Facebook estende la vita sociale tradizionale costruendo uno spazio virtuale di condivisione amicale delle nostre vite, Twitter sovverte il principio numero uno dell’amicizia: “Per essere amici è necessario conoscersi!”
Per millenni l’amicizia è stata prigioniera di questo principio e l’amicizia è nata su base accidentale in relazione a eventi a fatti della nostra vita quotidiana. Abbiamo trovato i nostri amici e i nostri migliori amici nelle classi che abbiamo frequentato, durante il militare, nella comitiva sotto casa. Li abbiamo scelti per una struggente e forte prossimità con la nostra anima, ma sempre nella cerchia di coloro che “accidentalmente” entravano nella nostra vita.
Oggi, invece grazie a Twitter non siamo più tenuti a conoscere accidentalmente una persona per costruire una amicizia, ma possiamo “sceglierla” sulla base della prossimità personale che avvertiamo, in relazione alle idee, alle emozioni e ai concetti che egli esprime.
Mi spiego meglio. Seguo una persona su Twitter, mi piace quello che dice, come lo dice e quello che prova. Lo seguo con maggiore attenzione. Comincio ad interagire con lui. Mi piace sempre di più. Scambio con lui pareri e opinioni. Diventiamo amici. Sempre più amici.
Qualcuno storcerà il naso. Dirà che questa non è amicizia, in virtù di una presunta capacità di discriminare la vera dalla finta amicizia dirà che non può essere vera amicizia se non si condividono eventi comuni.
Io, grazie a Twitter, ho conosciuto molte persone. Con alcune di queste, a causa della distanza (di spazio e di tempo) difficilmente saremmo riusciti a incontrarci e a diventare amici nella – cosiddetta – “vita reale”. Invece, grazie a Twitter abbiamo iniziato a sentirci, sempre più spesso. A confidarci e scambiarci consigli. A scherzare. A discutere fino a litigare. A fare pace. Insomma, a fare gli amici.
I social network hanno dilatato e diffuso i tempi della socializzazione e scardinato le regole dell’amicizia. Oggi, ho molte più interazione con i miei “Amici 2.0” di quante – a causa della complessità della vita – ne possa avere con i miei amici “tradizionali.
La trovo una delle più gradi opportunità di questo secolo pieno di straordinarie opportunità: scegliermi gli amici che voglio.