Dicono che – più o meno – 200 anni fa, Ned Ludd abbia distrutto, in un momento di rabbia, a colpi di zoccolo un telaio del posto dove lavorava. Con un colpo solo (o forse più di uno, ma questo è poco importante) Ned aveva ottenuto tre importanti risultati:
1. Per prima cosa aveva distrutto l’abominevole macchina, che lo rendeva schiavo della vita moderna e delle regole della produttività (se non avete mai usato un vecchio telaio non potete capire che sforzo fisico e cognitivo imponga).
2. Impressionando il suo vicino di telaio, un ragazzo originario della Francia – aveva inventato una nuova parola: “sabotare” che viene dal francese saboter, propriamente “colpire con lo zoccolo”, la calzatura tipica degli operai dell’epoca.
3. Non meno importante, aveva dato inizio a un nuovo movimento politico, il “luddismo”, un movimento operaio di protesta che aveva come obiettivo la distruzione delle macchine, causa di bassi salari e di disoccupazione crescente.
Dopo il nostro Ned Ludd, in molti hanno tentato di imitarlo, senza riuscirci. Nikita Chruščёv, all’ONU provò a “sabotare” il mondo intero, togliendosi una scarpa e sbattendola sul suo bando. Gli storici diranno in seguito che non ci riuscì perché non era uno zoccolo. Io penso che anche James Cameron quando ha pensato la sceneggiatura di Terminator abbia avuto in mente il nostro amico Ned che tenta di fermare il futuro che avanza, armato soltanto di una ciabatta.
Poi, tra alti e bassi, l’energia di Ned e dei suoi amici si è esaurita e nessuno prende più a ciabattate o a zoccolate i telai o le macchine. Per fortuna nostra, altrimenti oggi gireremmo ancora con i cavalli o, nel caso usassimo delle auto, con la paura che da un momento all’altro ci colpisca uno zoccolo.
Ma oggi, nel 2015, a 200 anni di distanza da quello storico colpo di zoccolo che cambiò il mondo, ancora esistono e resistono sacche di guerriglia luddista. Nemici giurati dell’innovazione e del cambiamento. Io ne conosco molti, e voglio aiutarvi a riconoscerli.
Normalmente, hanno tra i 57 e i 75 anni. Hanno fatto il ’68 o il ’77. Occupano un posto di comando e ritengono che questo posto gli spetti fino alla morte o – in alternativa – che lo possano cedere, abdicando a un proprio congiunto o amante.
La loro principale caratteristica è di sminuire, denigrare, ridicolizzare e screditare ogni innovazione tecnologica. Ne fanno uso, ma con prudenza e restando sempre affettivamente legati alla tecnologia precedente. Fosse per loro si poteva benissimo continuare a usare il sistema E-TACS per telefonare (visto che prendeva molto meglio di adesso e poi la batteria durava tutto il giorno!).
Iniziano ad usare whatsapp solo quando diventano nonni e questo diventa l’unico metodo per riuscire a vedere le foto dei nipotini che i figli “postano” nei gruppi. Li vedi confusi e smarriti, avevano appena iniziato a padroneggiare gli SMS che già devono cambiare tecnologia! Per non parlare di quando sono costretti (e costretti non è una parola usata a caso) a cambiare cellulare. Li vedi portare il lutto per settimane. Continuando a tenere sulla scrivania il vecchio telefono (che hanno provato a ritrovare uguale ma non ci sono riusciti, soprattutto perché non conoscono ebay) per giorni, sperando che torni a funzionare. Poi, rassegnati, chiamano il ragazzo più giovane tra i collaboratori e gli chiedono di aiutarli a usare il nuovo telefono.
Per non parlare di quando “gli” cambiano il computer (perché fosse per loro un computer è per sempre, come un De Beers. Entrano nel panico nello scoprire che i percorsi per far partire le applicazioni sono cambiati. Si rassicurano solo quando, davanti ad almeno un testimone, mostrano la loro capacità di dominare il silicio riuscendo a cambiare l’immagine del desktop. Non so perché, ma sono sempre ossessionati dall’immagine del desktop, è sempre la prima cosa che fanno con un computer nuovo. Da qualche mese, comincio a pensare che sia anche l’unica cosa che fanno con un computer.
Molto divertente è quando scelgono un nuovo computer, al quale adeguano paradigmi e modelli di altri ambiti. Chiedono quanto è grande l’hard disk come se fosse il portabagagli di una macchina e il “processore” (quando sanno che esiste) come se fossero i cavalli. Poi, una volta che si sono informati su tutto, lo scelgono per inutili e stupidi dettagli estetici.
Tengono orgogliosamente, sul loro biglietto da visita il numero di fax e lo controllano tutti i giorni (non che sul biglietto non sia cambiato, sono luddisti, non cretini, ma che sia arrivato un fax). Guardano con diffidenza i neoassunti che non vanno mai a vedere se è arrivato un fax per loro.
Non hanno mai un account su facebook. Una volta lo hanno aperto, con un nome modificato, solo per frugare nelle amicizie del loro passato e verificare se una loro vecchia fiamma sessantottina si era poi sposata oppure no. Hanno paura che qualcuno del loro passato li rintracci e gli ricordi che sono diventati tutto quello che faceva loro più schifo quando avevano vent’anni.
A lavoro sono contrari al cloud in tutti i modi. Se potessero, lo proibirebbero. Ritengono che condividere sia l’inizio della fine, forse la prima tromba dell’apocalisse. Fosse per loro le email andrebbero ricevute, stampate e poi distrutte nella versione elettronica e conservate solo in formato cartaceo. Già, perché a loro piace stampare tutto. I peggiori di tutti si fanno veramente stampare le email per leggerle (giuro! li ho visti io!).
Per loro, “le cose devono essere a portata di mano!” E il cloud, così indefinito, ampio e confuso è tutto, tranne che a portata di mano. Hanno eternamente paura che qualcuno penetri nei loro dati, che frughi nei loro documenti. Sono ossessionati dalla difesa della loro vita privata. Incarnano, a loro modo, l’eterna lotta tra Justin Bieber e i paparazzi. Si difendono dal cloud come Trezeguet si difendeva da Corona.
Li riconoscete quando parlano. Provano a usare alcuni termini senza riuscirci. Oltre a pronunciarli male li usano a caso. Ti dicono: “Ieri, al compleanno di mio figlio, con la torta, ci siamo fatti tutti un tuitt!” e tu pensi che il tuitt se lo sono fatti per endovena, probabilmente, da giovani.
Se sono del sud, poi inventano nuovi termini:
Desk’cop, ossia: n’copp’o desk (sopra la scrivania, sul desktop);
Nto box, ossia: dentro il box (dentro la scatola, ossia: dropbox).
Dai! Ve li ricordate i primi tempi, quando per fare copia-incolla, facevano: copia, poi taglia e quindi incolla. Perché senza taglia come facevi a incollare?
Adesso hanno un po’ imparato, ma i primi tempi quando ceravano su google facevano proprio delle domande: “Dove si trova la capitale…” oppure “Sapresti dirmi come…”
Si sentono forti della teoria che: “Se una cosa non serviva 15, 30 o 40 anni fa, non serve neppure oggi”. “Si viveva benissimo anche senza twitter!”, oppure: “Ai miei tempi, senza facebook si stava meglio!”
La verità è che non capiscono le nuove tecnologie perché non capiscono la nuova filosofia che c’è dietro le nuove tecnologie.
Non capiscono, e sono lontani anni luce, dalla logica della condivisione. Come “moderni” (mi viene da ridere) Arpagone, vogliono stringere e tenere le loro cose, la loro roba. Condividere, aprirsi, essere generosi è fuori dalla loro portata.
Non condividono i nuovi modelli di socializzazione. Per loro “le relazioni” sono sempre stata la chiave del loro successo. I sette gradi di separazione la loro grande fortuna. Vivevano nel mondo del capitalismo relazionale e ora che c’è la rivoluzione dei talenti e delle competenze non sanno come muoversi. Il fatto che si possa conoscere qualcuno su twitter, non per appartenenza alla stessa loggia massonica, li fa impazzire.
Non vogliono avere più tempo libero, perché non saprebbero come usarlo, e per questo sono contrari a tutti gli strumenti di condivisione che rendono più efficiente il lavoro d’ufficio. Per loro, il tempo non è un valore. Avere tempo per se o per la propria famiglia è da pelandroni (poveracci, non sanno cosa si perdono).
Che ci piaccia o meno, si è fatto il momento di mandare in pensione i Neo-Luddisti all’amatriciana che bloccano questo paese. Si, ci fanno ridere, ma ci rubano anche tempo e futuro.