Ci sono immagini che ti entrano subito dentro. All’inizio non lo capisci perché. Ti arriva prima l’emozione, con forza. Poi, dopo, piano piano cominci a riannodare i pensieri alle emozioni e capisci, lentamente, cosa quell’immagine rappresenta per te.
La foto l’ha scattata Robert Atanasovsky, un fotografo macedone che in questi giorni sta facendo conoscere al mondo quello che sta accadendo al confine tra la Macedonia e la Serbia. Ritrae una donna, esausta, con la propria figlia in braccio.
Questo è quello che vedono tutti, ma io in questa immagine – come se fosse una tavola del test di Rorschach – ci vedo tutta la mia famiglia.
Appena l’ho vista sono rimasto impressionato. La donna, mi ricorda mia moglie e la bambina assomiglia ad Alice, quando si addormenta in braccio sfinita. Mi sembrano i capelli di mia figlia, i suoi piedi, la mano potrebbe essere quella di mia moglie, come lo sguardo. La donna sta ascoltando, come farebbe mia moglie, qualcuno che sta dando informazioni, notizie che possono essere importanti per la bambina e per lei.
Potrebbero essere mia moglie e mia figlia a sperare di superare il confine. E io dove sono in questo incubo, dall’altra parte? In un paese che impedisce loro di entrare? Che le chiama “clandestine”?
Quando usiamo la parola “clandestino”, dovremmo ricordarci che anche noi, il nostro biglietto per un posto nella vita, non l’abbiamo comprato, ma vinto a una lotteria. Nessuno è clandestino su questa terra.
Scappano come scapperemmo noi da una guerra. Cercano un futuro migliore per loro e per i loro figli.
Spero che la donna e sua figlia arrivino in un posto che possano chiamare casa. Spero che la bimba dorma, che non la sveglino i rumori che ci sono intorno, le grida, i rumori della polizia. Spero che trovino un posto per dormire, qualcosa da mangiare. Spero che qualcuno le aiuti. Spero che – mentre scrivo – siano già al sicuro. Al riparo, da qualche parte, con qualcuno che si prende cura di loro. Spero che lungo la via che hanno percorso, qualcuno abbia regalato un giochino alla bambina, per non farle perdere la fiducia nelle persone e nel futuro.
Ho paura pensando a tutta la strada che hanno fatto. Ai rischi che hanno corso, per terra e per mare. Alla fatica che hanno fatto. Alla paura che avranno avuto. Ho i brividi se penso a quello da cui fuggono. Mi vergogno se penso a cosa provano nell’essere trattati in questo modo, dopo quello che hanno passato.
Io in questa foto ci vedo mia moglie mia figlia, ma ci vedo anche una versione moderna della Pietà.
Ed è la pietà che dovrebbe muoverci, nello scegliere di aiutare queste persone e non di chiudere loro le porte in faccia.
Dovremmo fare quello che vorremmo facessero altri alla nostra famiglia.
Io, in questa foto, ci vedo tutto questo.
#restiamoumani