Ci pensavo da qualche mese. La riflessione aveva sempre lo stesso canovaccio.
Cominciava sempre allo stesso modo: Tanto entusiasmo!
Poi, inesorabilmente arrivavano i colpi dei primi dubbi dell’esercito del “No!”. A colpi d’ascia gli Astati cercavano di farmi cambiare idea. “Di cosa parlare?”, “Quali argomenti?”… L’entusiasmo però reggeva il colpo. Allora arrivavano i principi dell’esercito del “No!”. Addestrati e preparati. Sanno sempre dove colpire: “Il tempo dove lo trovi?”, “Lo inizierai e mollerai dopo poco!”… L’entusiasmo iniziava a cedere. Arretrava. Poi, tristemente, iniziava la ritirata e l’entusiasmo, alla spicciolata, lasciava il campo di battaglia.
Stavo per arrendermi all’idea: “Avere un blog è troppo complicato e richiede troppo tempo. Mi piacerebbe, ma non posso proprio”.
Poi, il 6 Aprile scorso, finalmente ho capito che quello che mancava non era il tempo, ma una buona motivazione.
Il 6 aprile ero ad Amsterdam con mia moglie. Non c’ero mai stato prima. Abbiamo trascorso alcuni giorni perfetti girovagando per la città, come turisti imperfetti. Ci interessava più stare insieme che vedere con scrupolo e attenzione la città. Per questo motivo abbiamo concentrato la nostra attività su poche cose: Piazza Dam, Palazzo Reale, Museo Van Gogh e proprio sabato mattina, alle 10 circa la Casa di Anna Frank.
Avevo letto il Diario di Anna Frank da piccolo. Forse uno dei primi libri “da grande” della mia vita. Non credo di averlo capito fino in fondo. Non credo si possa capire quel libro fino in fondo senza aver vissuto quegli anni e una parte di quel terribile dolore.
La casa dei Frank significa superare la parete mobile che li separava dal mondo. Significa salire le scale e girare per le stanze e imbattersi, quasi per caso, nei segni che il padre faceva sul muro misurando le altezze delle figlie. Forse, il più grande simbolo di speranza nel futuro che ci possa essere.
Nella casa (ora un museo) sono fornite molte notizie sul diario. Tra tutte, una che ignoravo. Sembrerebbe che Annelies Marie Frank, detta Anne abbia iniziato a pensare ad una versione “pubblica” dei pensieri che scriveva nei suoi diari e appunti dopo aver ascoltato Gerrit Bolkestein (un membro del governo olandese in esilio) che invitava gli olandesi a registrare in ogni modo le oppressioni subite durante l’occupazione nazista. Questa la sua motivazione!
La mia motivazione è lontana anni luce da quella di Anne Frank. Nessuna invasione da documentare e nessuna oppressione da denunciare. Tutte le ingiustizie che subisco sono piccole e insignificanti se penso a quelle della famiglia Frank.
Un filo sottile mi piace pensare che mi leghi ad Anna. Nella sua straordinaria battaglia per il diritto di avere una adolescenza normale, mi piace pensare che se ne avesse avuto la tecnologia Anna sarebbe stata una straordinaria Blogger. Con uno pseudonimo, di nascosto, avrebbe informato il mondo di quello che accadeva: dentro di lei e dentro quel nascondiglio. Anche se con le finestre oscurate per paura di essere visti, sbirciando e ascoltando la radio di nascosto Anna avrebbe comunque fornito una straordinaria visione del mondo, dalle pagine del suo blog.
Il mio blog non ha queste ambizioni. Non so quanto durerà e di cosa parlerò. Ci metterò l’impegno che mi rimane la sera dopo una giornata dedicata alla mia famiglia e al lavoro e lo dedicherò alla più grande non-blogger della storia: Annelies Marie Frank, aka Anne.
P.S.
Dopo aver scritto questa pagina ho cercato su internet “Blog Anne Frank” ho trovato varie cose. Soprattutto pagine dedicate ad Anne. Tra queste un blog che mi è piaciuto tanto. Si tratta del Diario di Anne trasformato in un vero blog. Assomiglia a quello che avevo in testa quando ho scritto questo mio primo post.
Per chi vuole vederlo: http://eldiariodeanne.blogspot.it/